Nicole Rose è nata a Francoforte il 22 giugno 1968. La passione per la letteratura la consuma fin da quando sedeva tra i banchi di scuola e a undici anni aveva già divorato la biblioteca dei suoi genitori.

Ha studiato Psicologia e Marketing e ha iniziato la sua carriera nelle agenzie pubblicitarie di Francoforte, prima di affermarsi nel settore dei marchi di lusso.

Oggi fa le acrobazie tra la sua attività di imprenditrice e quella di scrittrice ed è manager di successo in campo internazionale.

Negli ultimi sei anni approfitta dei pochi momenti di tempo libero e dei suoi lunghi viaggi all’estero per lavorare alla sua “Esalogia dei Sensi”, di cui “Promessa d’amore” costituisce il primo volume.

Attualmente vive a Düsseldorf, dove raccoglie energia da dedicare ai suoi affari internazionali e ai suoi libri.

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MOMENTI MAGICI

Ci sono attimi che incendiano il nostro cuore come fulmini in un cielo sereno. L’universo si illumina. La terra trema. Il mondo si ferma. Tutto cambia. Il dardo di Eros ci scaraventa lontano dalla quotidianità, sulle montagne russe dell’amore, del desiderio, della passione.

Dopo questi momenti di magia, niente è più com’era prima. Il destino ci spinge a seguire la voce del nostro cuore, a mettere l’amore prima di ogni altra cosa. Ma il destino non sempre è dolce per l’anima: spesso Eros si rivela un terribile distruttore e Amor molte volte non fa che abbagliare la nostra immaginazione! Incontrare Eros e il destino è un’esperienza straordinaria, carica di significato, colma di bellezza, ma pericolosa…

Chi non prova queste sensazioni, quando incontra il vero, grande amore? Quel momento magico, che ci strappa dalla mediocrità della vita, per buttarci nell’estatica beatitudine della favola più emozionante, e che ci spinge a considerare il desiderio ardente e la profanità delle piccole cose come la più perfetta passione?

Può avere effetti collaterali, leggere attentamente…

L’amore è una droga: tanto bello quanto pericoloso. Infiamma il nostro cuore, ci annebbia la mente e ci conduce in un labirinto di sensazioni. Camminiamo come sollevati da terra, galleggiamo in un paradiso di nuvolette rosa, inebriati da un cocktail d’amore e passione. Perdiamo il cuore, e talvolta anche il senno! Più in alto si vola, più male ci si fa cadendo. Salite e discese si trovano spesso solo a un sospiro di distanza, e il precipizio dei sentimenti può romperci il cuore. Può consumarci l’anima. Può trasformare il Bene in Male.

Chi segue il richiamo del destino permette all’ignoto di prendere il comando della propria vita. Decide di rischiare. Sceglie la favola, il rock’n’roll. L’autostrada del cuore non è un sentiero battuto da pigri ciabattoni! La vita non sarà più soltanto uno schizzo a matita dal titolo E se…?, ma diventerà un dipinto a colori: l’Io sono! Ma dove c’è luce, là c’è anche oscurità.

Chi si incammina verso il pericolo, può rimanere ucciso.

Perciò vi metto in guardia dal veleno contenuto nelle frecce di Eros: può rivelarsi mortale…

EROS A MONACO

Era una tiepida sera di fine estate. I desperados metropolitani popolavano il quartiere borghese di Schwabing, riscaldandosi al sole d’autunno e scambiandosi chiacchiere e pettegolezzi sulla società monachese.

Un nuovo locale aveva appena aperto sulla Klemensstrasse: L’Abbuffatoio. Era gestito da un tipo affascinante con capelli neri impomatati e dall’irresistibile sorriso, che precedentemente aveva lavorato come barman al Pick6, il locale da rimorchio numero uno in tutta Monaco. In breve tempo L’Abbuffatoio era riuscito a diventare l’attrazione principale per la gente del quartiere, che rifuggiva la quotidianità amoreggiando, consumando alcol e chiacchierando sui presenti, sugli assenti, sui VIP e sui meno VIP.

Dopo la terza birra, lo spumante e il vino, gli sguardi si facevano arditi e i commenti diventavano più piccanti, sebbene molto meno raffinati. Gli intellettuali borghesi, alticci, imprecavano, litigavano, ridevano. Le preoccupazioni si dissolvevano per lasciare il posto a una sensazione di benessere: i nuvoloni grigi dell’incombente crisi finanziaria, infatti, non risparmiavano neppure quel quartiere così benestante.

I volti degli uomini bavaresi erano in molti casi gonfi e vividamente arrossati, per le troppe birre e le costolette di maiale, mentre le donne mostravano visi paffuti e felici, oppure smunti e grinzosi. Tra di loro, un cocktail di euforia e noia, allegria e insulsaggini, simpatia e apatia, delizia e amarezza.

Dopo il terzo o quarto bicchiere, l’atmosfera cominciava a caricarsi: gli uomini si mettevano a competere per l’attenzione delle donne, la cui attrattiva era drasticamente aumentata nel corso della serata, proporzionalmente al repentino deteriorarsi della qualità delle conversazioni. A ogni sorso, la parrucchiera del quartiere somigliava sorprendentemente sempre più a Elizabeth Taylor. Persino l’arcigna Gertrude, con la sua crocchia da segretaria, ricordava lontanamente Catherine Deneuve – per quanto un po’ più in carne.

I forti bevitori sedevano al loro solito tavolo. Tommy Stiernack: un rubizzo collerico di ottimi mezzi, legato all’ereditiera dei Nestlein, si comportava da munifico ammaliatore. Tanto sprezzante quanto devoto, ascoltava il suo vicino di tavolo: Heinz Pinselquäler, ben piantato e di una certa età, alla sua quarta vodka. Era un po’ malmesso, e la stampella gli era caduta a terra. Con mani tremanti e voce nasale si lamentava della sua misera esistenza di pittore di discreto successo: i suoi disegni a matita, contraddistinti da una disciplina tipicamente prussiana, non trovavano un acquirente. Accanto a lui tubava Horst Zocker, il Casanova senior del quartiere, in piena attività. Era un playboy stagionato, dai capelli bianchi e il viso da buontempone, avvizzito ma sempre attraente, un po’ à la Gunther Sachs. Stancamente sbavava nelle orecchie della prescelta della serata: una brunetta vistosa, per quanto ordinaria. “Sono dolce come un budino”, la blandiva.

Alexandra Schnorr aveva esibito la sua bellezza insipida per ore, nella speranza di trovare il grande amore – o quantomeno un finanziatore per la serata.

Rosi Rassig, la parrucchiera del quartiere, aveva davvero qualcosa che richiamava alla mente Elizabeth Taylor. La sua fama, benché superata, di gnocca del quartiere, le permetteva ancora di mantenere un’espressione arrogante. Esaminò altezzosa la donna alla sua sinistra: Gertrude Gans, la segretaria, con i capelli biondi raccolti in una crocchia, dava l’impressione di essere più vecchia di quanto non fosse mentre, con il doppio mento che ballonzolava, piagnucolava che aveva perso il lavoro. Rosi volse con impertinenza gli occhi verso la strada, alla ricerca di un ammiratore.

Stava giusto svoltando l’angolo, con passo molleggiato e un tantino barcollante, un noto Casanova, che catturava l’attenzione con il suo antiquato doppiopetto grigio. “Here I go again”, sbraitò con voce rockeggiante. La luce crepuscolare gli donava un’aura selvaggia, importante, folle. Un incrocio tra Keith Richards e David Coverdale, appariva decisamente fuori posto in quel quartiere così conservatore. Procedeva lungo la via suonando un’immaginaria chitarra, come se si trovasse nella St. Albert Hall. Come un Eros senza chitarra, superò sprezzante il tavolo degli habitué, contraendo verso il basso gli angoli della bocca, talmente sottile da apparire come disegnata con un tratto di matita. Si diresse subito, con fare pomposo, al distributore automatico di sigarette. Munito di quattro pacchetti di Mannboro extraforti prese quindi posto insieme agli altri clienti abituali dell’Abbuffatoio. Il suo viso, oblungo e affilato, era circondato da una corona di folti riccioli grigi, disordinati e simili a corde di una chitarra. Da vicino ricordava molto una versione più vissuta del presentatore televisivo Hugo Egon Balder. Salutò il gruppo, mantenendo un’espressione cinica e volutamente intellettuale.

“Siete già arrivati al livello della Bild?” chiese con sarcasmo, facendo riferimento a una delle riviste scandalistiche più discutibili in Germania.

Nel frattempo si era acceso smanioso una sigaretta, come se la cenere fosse la sua unica fonte di nutrimento.

“Allora siete fortunati che stasera potete godere della mia brillante presenza. A dire il vero avevo in mente di trascorrere la serata insieme a Platone, un passatempo di livello decisamente elevato, com’è mia abitudine. L’unico problema è che avevo finito le sigarette.”

Sogghignò, aspettandosi un applauso e mostrando una dentatura degna di Iggy Pop, guadagnandosi in questo modo occhiate velenose da parte dei contendenti maschi, ma anche gli sguardi ammirati e pieni di desiderio delle signore.

Clac-clac-clac-clac-clac-clac-clac…

In quel momento un rumore si diffuse lungo la vecchia Klemensstrasse e il suo lastricato sconnesso. Gli uomini seduti al tavolo alzarono gli occhi da birra e vino, perdendo il filo del discorso. Rimasero a bocca aperta a osservare, con le pupille dilatate dall’alcol, una spettacolare apparizione: in bilico su un tacco venti, procedeva cautamente su quel selciato di poche pretese una creatura che pareva caduta da una stella. Indossava un elegante abito nero di alta moda e faceva pensare a una star del cinema degli anni ‘50, che avesse scambiato il provinciale quartiere di Schwabing per Hollywood.

La Lady procedeva con prudenza e attenzione, per non rimanere incastrata con i tacchi nelle fughe tra i ciottoli della strada. Aveva capelli castani, acconciati alla perfezione con un ciuffo a banana alto almeno cinque centimetri; il bellissimo viso, arrossato per lo sforzo, era comunque splendente ed emanava gloria e glamour. Le labbra, rosse e sensuali, insieme alla pettinatura da Elvis e alle calze a rete nere, le conferivano un particolare aspetto da fanatica del rock. Mentre si concentrava sul lastricato appariva, nonostante tutto, vulnerabile: le labbra color lampone erano deliziosamente imbronciate, e gli occhi rimanevano fissi ai ciottoli per terra. Era una sfida per gli uomini, che la osservavano curiosi dal lato opposto della strada. Quando finalmente raggiunse una sedia libera di fronte al locale, ci si accomodò e ordinò, sorridente e sollevata, un bicchiere di Sauvignon Blanc.

L’attenzione che aveva evidentemente risvegliato la infastidiva, così come la infastidivano le occhiate e i commenti dei cicisbei e delle megere presenti. Nikki Rose si sentiva isolata, nell’esilio interiore a cui la sua eccezionalità la destinava. Ma non sarebbe riuscita a rimanere nel suo appartamento, sola con le ombre del passato.

Equipaggiata con Blackberry e Sauvignon Blanc, le gambe avvolte nelle calze a rete elegantemente accavallate, cominciava finalmente a sentirsi più sicura. Si guardò intorno con interesse, intanto che sorseggiava il vino flettendo il mignolo. Un misto di spirito d’avventura e ombrosa malizia le balenò negli occhi grigio-verde, mentre digitava sul suo Blackberry sorridendo languida.

DRINNNNNN!

Lo squillo del telefono la spaventò, distogliendola bruscamente dai suoi pensieri e facendola sobbalzare, come una rosa selvatica colpita da un fulmine. Chi osava disturbare la magica intimità di quel momento?

“Bla bla bla bla bla bla”, le blaterò nell’orecchio la sua collega americana, Erika Weinstein, occupata, oltre che a parlare, a masticare chewing-gum. Assordante e fastidiosa, senza fare pause, impiegò dieci minuti prima di arrivare al nocciolo della questione: voleva sapere quando sarebbe stato disponibile negli Stati Uniti il nuovo catalogo Armada.

Lo sguardo di Nikki si posò con nostalgia sul bicchiere di Sauvignon. Perché mai dovevano esserci al mondo tante persone dedite a rubare il tempo altrui, irrompendo con invadenza anche tardi la sera? Alla casa di moda Armada proprio non davano tregua, ti succhiavano anche l’anima! Nikki si difese dalla voce falsamente amichevole che le parlava rispondendo seccamente:

“Erika, in questo momento sono in riunione. Ti scrivo una mail domani!”

Rapida, eloquente ed elegante. Un bel modo di ristabilire la distanza dalla collega di New York. Dopotutto la giornata lavorativa era finita, e lei aveva una riunione. Con Monsieur Sauvignon Blanc…

Gli uomini seduti al tavolo accanto ascoltavano rapiti, mentre la nuova arrivata chiudeva la telefonata con poche parole in un inglese sicuro e disinvolto, sprigionando un fascino internazionale e una raffinatezza cosmopolita.

La luna, che è il sole degli ubriaconi, sostituì la sua luce delicata all’aggressiva luminosità del giorno, e avvolse quel quartiere mondano in un’atmosfera lieve e lattiginosa, in cui nulla pareva impossibile e tutto diventava possibile. Eros era appena atterrato a Schwabing.

Gli uomini intorno al tavolo si risvegliarono, grazie al potere di seduzione di quel momento speciale, riuscendo finalmente a scorgere la bellezza nei det tagli che le loro occhiate ruvide si erano lasciati sfuggire fino ad allora: le donne presenti, al bagliore della luce lunare, risultavano sempre più desiderabili; la Lady seduta al tavolo accanto brillava pacatamente, e le loro occhiate bramose, come per magia, si rivolgevano sempre più frequentemente nella sua direzione.

“Che donna elegante! Vedete anche voi che caviglie sottili e perfette?” fece notare Heinz Pinselquäler, che dall’alto dei suoi 70 anni avvampava come un giovane innamorato. Un incantesimo toccò il suo volto rugoso, e l’uomo apparve come il ragazzo che non aveva mai cessato di essere.

“Vecchio, non sperarci. Vedrai che adesso arriva Pierce Brosnan e noi rimaniamo TUTTI con un palmo di naso”, esclamò con asprezza il clone di Hugo Egon Balder, da quel grezzo strumento rock, grigio dispensatore di cenere che era. Con la sua battuta velenosa riuscì a spezzare bruscamente l’atmosfera romantica che si era creata nella notte di Schwabing.

Alexandra Schnorr, ansiosa di difendere il suo status di più bella dell’Abbuffatoio, si affrettò a cogliere l’attimo per riversare un po’ di livore su Miss Hollywood.

“Che ci troverete mai in questa tipa fascinosa, tutta agghindata, che si è svuotata una bomboletta di lacca extra-forte sul ciuffo?” brontolò indirizzando tutto il suo charme da brava ragazza – improvvisamente non più tanto brava – verso il re dei cascamorti e i suoi capelli grigi. “Non vorresti portarmi a casa tua per leggermi il mio oroscopo?”

Gli occhi di lui, curiosamente incolori, si posarono con estrema freddezza su quelli castani, ammiccanti e adescatori di lei, celando un’anima che non era particolarmente nobile. Sdegnoso, incurvò verso il basso la bocca sottile e sputò il suo veleno:

“Piccola. Ci siamo già passati. Io non faccio beneficienza: se ti vuoi avvalere delle mie competenze astrologiche, devi per prima cosa toglierti le mutandine. Ah! Ah! Ah! Ah!”

La sua risata compiaciuta risuonò per tutta la via. Il silenzio teso e minaccioso che seguì fu rotto da Horst Zocker, che si allontanò bruscamente da quella che era stata la destinataria delle sue tattiche seduttive fino a quel momento, come se invece del dardo di Eros lo avesse colpito la peste.

“Vecchio mio, quanto hai ragione! Non siamo certo qui a fare i samaritani per queste scroccone! Il nostro malloppo deve produrre interessi!”

Questa battuta gli guadagnò gesti d’approvazione e risate generali: gli amici seduti attorno al tavolo appoggiavano all’unanimità il re dei cascamorti e il suo sarcasmo beffardo. Persino Rosi Rassig e Gertrude Gans presero le distanze dall’amica ripudiata. L’Hugo Egon Balder e il Gunther Sachs dei poveri furono acclamati eroi della serata, e il teatrino improvvisato all’Abbuffatoio trovò inevitabile seguito in una versione sguaiata e dissoluta di Tutti Frutti.

Nikki Rose osservava, origliava e sorrideva con simpatia della vivace truppa chiassosa seduta al tavolo accanto.

“Un ultimo bicchiere di vino”, si ripromise. Dopo sarebbe stata in grado di affrontare la solitudine di casa sua. Dopotutto l’indomani le si prospettava una giornata infernale, piena di appuntamenti con gli squali della casa di moda Armada, l’Olimpo del settore del lusso di cui lei era la forte e stilosa dirigente.

La sua anima, languida e romantica, svolazzò in direzione degli uomini in calore del tavolo accanto.

“Non siamo forse tutti bambini, alla ricerca dell’amore?” filosofeggiava intanto, i pensieri rilassati e sereni grazie al Sauvignon Blanc.

“Signorina! Venga, dunque, e ci tenga compagnia!” tuonò in quel momento la voce di quel galletto tronfio di Tommy Stiernack.

Nikki trasalì, distolta dai suoi pensieri, disturbata nella sua intimità. Il sangue le salì alle guance, colorandole, e facendola somigliare a una rosa rossa sotto la pallida luce lunare. Punta sul vivo, seppure lusingata, sollevò il calice di vino bianco nella notte.

“Grazie di cuore per l’invito”, sorrise con fascino, mantenendosi tuttavia distante. “Purtroppo devo declinare. Eventualmente facciamo il contrario!”

Le parole, pronunciate con delicatezza, rimasero sospese, piene di significato, nell’aria scura che avvolgeva la Klemensstrasse. I raggi della luna piena cadevano proprio sul suo tavolo: l’elegante apparizione in nero, con il viso simile a una rosa in boccio, il bicchiere di Sauvignon Blanc nella mano dal mignolo contratto. Un’immagine scolpita nell’eternità. Un lampo, rapidissimo, solcò il cielo, illuminandola per gli dei.

UN FATIDICO INCONTRO

Quel lampo, che aveva attraversato d’improvviso il cielo assetato d’amore, aveva un secondo obiettivo: con una deviazione rapida e precisa era atterrato in mezzo al tavolo degli uomini, colpendo al cuore il re dei cascamorti, quel Casanova in completo gessato, che scattò in piedi, elettrizzato, rovesciando la sedia e diffondendo attorno a sé una nuvola di cenere ed euforia. In un attimo si ritrovò davanti al tavolo della Rosa, illuminata dalla luna come da un riflettore.

“Non posso certo rifiutare un tale, straordinario invito!” annunciò, profondendosi in un inchino.

Nikki osservò con allegro fatalismo quel galantuomo apparso dal nulla.

“Adorabile Lady. È per me un grande onore accettare il suo invito e tenerle compagnia!”

La donna sospirò, conquistata. In realtà, quando aveva rimbalzato l’invito, era perché intendeva respingerlo con gentilezza, ma alla fine cosa aveva da perdere? L’uomo che le si era improvvisamente materializzato davanti era intrigante: appariva al tempo stesso familiare e sconosciuto. Il suo viso distintamente oblungo, i capelli grigi alle tempie, il completo elegante, il linguaggio cortese e arcaico… In lei si risvegliò la brama di avventura, e si lasciò andare a quell’incontro magico e singolare.

Con un sorriso curioso, arcuando le sopracciglia perfettamente disegnate, accennò alla sedia vuota vicino a sé.

“Sarà quel che sarà. Prego, si accomodi!” disse con voce soave e misteriosa.

Il suo cavaliere, che visto da vicino appariva un po’ sciupato, si sedette con la velocità del fulmine, come se temesse che la donna potesse cambiare idea. Il completo che indossava fluttuò attorno al suo corpo atletico, che emanava un aroma inconfondibilmente maschio. Senza rendersene conto, Nikki arricciò il naso e si voltò a fissare il tavolo accanto, dove improvvisamente regnava il silenzio più totale. Affascinati e increduli, gli uomini seguivano l’evolversi degli eventi. Com’era possibile che il loro compagno di bevute fosse riuscito ad avvicinarsi l’affascinante Miss Hollywood con tanta rapidità?

“Nella mia prossima vita voglio essere anch’io una rockstar!” annunciò Horst Zocker.

Questo diede il via a una nuova discussione, che riportò rapidamente l’attenzione sul loro tavolo.

Nikki Rose nel frattempo osservava con occhio critico il suo nuovo compagno di tavolo.

“Chi mai, al giorno d’oggi, indossa un completo gessato doppiopetto con spalle imbottite?” domandò, la sua sensibilità da esperta di moda chiaramente irritata.

In qualche modo il galantuomo appariva, nel complesso, antiquato e intensamente ambizioso, come se provenisse dal medioevo, non dal “qui e ora”. A confermare l’impressione, le prese ossequioso la mano e vi avvicinò le labbra.

“Con permesso. Mi chiamo Woolf Barzokka, ed è un onore tenere compagnia a una dama tanto affascinante.”

La donna arrossì di nuovo, commossa.

“Piacere di conoscerla”, sussurrò con voce tremula. “Mi chiamo Nikki Rose.”

“E cosa ci fa una donna così elegante come lei in una topaia come questa? È da un po’ che la osservo, ed ero sicuro che da un momento all’altro sarebbe comparso Pierce Brosnan per portarla a Hollywood!”

Il complimento ardito non mancò il bersaglio: il cuore di Nikki, che come quello di tante donne era un po’ frivolo e desiderava piacere, diede un balzo.

“In effetti Pierce Brosnan è un gran bell’uomo.” Un ampio sorriso le si dipinse sulle labbra e le guance le si arrossarono ancora di più. “Finalmente uno spasimante che riconosce le mie doti naturali!” esclamò dietro suggerimento del Sauvignon Blanc. “Ma oggi mi lascerò portar via solo da lei!” promise di getto.

Woolf rise incantato, mostrando due file di denti bianchi talmente abbaglianti da lampeggiare nel cielo della notte, come le zanne di un lupo.

“In questo caso lei mi rende l’uomo più felice del mondo! Dobbiamo festeggiare! Stefan Schmalspur! Ci porti dello Champagne!”

“Un rosé, per cortesia, se possibile”, aggiunse lei con autoindulgenza.

“In assoluto il mio drink preferito!” osservò subito dopo, il viso rosa e splendente, proprio come lo champagne Ruinart che nel frattempo si erano ritrovati davanti, frizzante di bollicine.

“Al nostro meraviglioso incontro!”

I bicchieri tintinnarono con gioiosa euforia, gareggiando con lo scampanio della chiesa del quartiere.

“A essere sincero, stasera non ne volevo sapere dei pettegolezzi locali. Me ne sarei rimasto volentieri seduto in balcone, a leggere Platone. Ma avevo finito le sigarette: per mia fortuna sono un fumatore!”

Con un sorriso trionfale, l’uomo si accese una nuova sigaretta con la cicca di quella vecchia.

“Abiti nei dintorni? Come mai non ti ho mai visto in giro?”

Con eleganza era passato al “tu”, accorciando le distanze e stabilendo una nuova confidenza, per accelerare le cose tra di loro.

Lei si voltò, il ciuffo di capelli orientato verso la strada che aveva attraversato ormai da quelli che sembravano anni, non ore. Uno sguardo malinconico le si dipinse improvvisamente sul volto.